14/01/11

L'EUROPA PUO' ESSERE SALVATA? (prima parte)

OK, svolgo quest'ardua impresa di tradurre l'articolone/saggio di MR. Nobel Krugman (in due parti, però..)! Grazie Paolo per avercelo segnalato, dà una spinta importante all'esame di coscienza europea, speriamo che serva...

di Paul Krugman - New York Times - 12/10/2011

Buona lettura:

C'È QUALCOSA DI PECULIARE nel fatto che l'attuale crisi europea sia cominciata in Grecia. Perché i guai dell'Europa hanno tutti gli ingredienti di una tragedia greca classica, in cui un uomo nobile è annientato dal fatale vizio dell'arroganza.

Non molto tempo fa i cittadini europei potevano affermare con fondamento che l'attuale crisi economica stava effettivamente dimostrando i vantaggi del loro modello economico e sociale. Come gli Stati Uniti, l'Europa ha subito una grave depressione a seguito della crisi finanziaria globale, ma i costi umani di quella crisi sembravano molto minori in Europa che in America. In gran parte dell'Europa, le norme che disciplinano il licenziamento dei lavoratori sono servite a limitare la perdita dei posti di lavoro, mentre i forti programmi di assistenza sociale hanno garantito che anche i disoccupati conservassero la loro assistenza sanitaria e ricevessero un reddito di base. Il prodotto interno lordo europeo sarebbe potuto crollare tanto quanto il nostro, ma gli europei non avrebbero sofferto niente di simile alla nostra miseria. E la verità è che ancora non ci sono arrivati.

Eppure l'Europa è in crisi profonda - perché la sua più orgogliosa conquista, la moneta unica adottata dalla maggior parte delle nazioni europee, è ora in pericolo. E ancor più, sembra addirittura una trappola. L'Irlanda, salutata come la Tigre Celtica non molto tempo fa, sta ora lottando per evitare la bancarotta. La Spagna, in boom economico fino ad anni recenti, ora ha il 20 per cento di disoccupazione e affronta la prospettiva di un riaggiustamento attraverso anni di dolorosa deflazione.



La tragedia del caos monetario è che la creazione dell'euro doveva essere il momento più bello di un'impresa grandiosa e nobile: lo sforzo di generazioni per portare pace, democrazia e prosperità ad un continente spesso in passato travagliato dalla guerra. Ma gli architetti dell'euro, presi dal loro progetto romantico, hanno scelto di ignorare le pratiche difficoltà che una moneta condivisa avrebbe potuto prevedibilmente incontrare - di ignorare gli avvertimenti, che sono stati lanciati fin dall'inizio, che l'Europa non aveva le istituzioni necessarie a far funzionare una moneta unica. Invece si sono fatti prendere da pensieri meravigliosi, e hanno agito come se la nobiltà della loro missione potesse prescindere da tali preoccupazioni.

Il risultato è una tragedia non solo per l'Europa, ma anche per il mondo, per il quale l'Europa è un modello cruciale. Gli europei ci hanno dimostrato che la pace e l'unità possono essere portate in una regione con una storia di violenza, e durante questo processo hanno creato forse la più decente società civile della storia umana, coniugando la democrazia e i diritti umani con un livello di sicurezza economica che l'America non arriva nemmeno da vicino ad eguagliare. Questi risultati sono ora a rischio di andare perduti, mentre il sogno europeo si trasforma in un incubo per tutti. Come è successo?

IL PERCORSO DELL'EURO

Tutto è iniziato con il carbone e l'acciaio. Il 9 maggio 1950 - una data il cui anniversario è oggi celebrato come la Festa dell'Europa - Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, propose che la sua nazione e la Germania dell'Ovest mettessero in comune la produzione del carbone e dell'acciaio. Il che può sembrare banale, ma Schuman dichiarò che si trattava di molto di più che un semplice affare.

Per prima cosa, la nuova Comunità del carbone e dell'acciaio avrebbe reso qualsiasi futura guerra tra la Germania e la Francia "non solo impensabile, ma materialmente impossibile." E sarebbe stato un primo passo sulla strada di una "Federazione europea, "da conseguire passo dopo passo" attraverso "realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto". Cioè, le misure economiche sarebbero state utili per entrambi i fini, sia quelli di tipo ordinario e pratico, che a promuovere l'unità politica.

In seguito la Comunità del carbone e dell'acciaio si è evoluta in un'unione doganale entro la quale tutte le merci erano oggetto di libero scambio. Poi, come si è diffusa la democrazia in Europa, si sono allargate anche le istituzioni europee di unificazione economica. Grecia, Spagna e Portogallo sono stati fatti entrare dopo la caduta delle loro dittature; l'Europa orientale dopo la caduta del comunismo.

Negli anni '80 e '90 questo "allargamento" è stato accompagnato da ulteriori "approfondimenti", in quanto l'Europa ha proceduto alla rimozione di molti degli ostacoli alla piena integrazione economica. (il gergo europeo è un dialetto caratteristico, talvolta difficile da capire senza sottotitoli). Sono state aperte le frontiere, è stata garantita la libertà di circolazione delle persone, ed è stata armonizzata la legislazione sulla produzione e la sicurezza alimentare, un processo immortalato dall'episodio "Eurosausage" dello show TV "Yes Minister ", in cui fu detto che "secondo le nuove norme europee, la salsiccia tradizionale britannica non era più qualificabile come una salsiccia, ma doveva essere rinominata "emulsione cilindrica ad alto contenuto di grassi e frattaglie" (giusto per essere chiari, questo è successo solo in TV.)

La creazione dell'euro era il logico passo successivo di questo processo. Ancora una volta, la crescita economica sarebbe stata promossa con azioni che avrebbero anche rafforzato l'unità europea.

I vantaggi di una moneta unica europea erano evidenti. Non era più necessario cambiare i soldi quando si arrivava in un altro paese, niente più incertezze da parte degli importatori su quello che un contratto in realtà avrebbe finito per costare, o da parte degli esportatori sull'ammontare di un futuro pagamento. Nel frattempo, la moneta comune avrebbe rafforzato il senso dell'unità europea. Che cosa poteva andare storto?

La risposta, purtroppo, è che le unioni monetarie hanno costi e benefici. E il caso di una moneta unica europea era molto più fragile rispetto al caso di un mercato unico europeo - un fatto che i leaders europei hanno scelto di ignorare.

IL (NON FACILE) CASO DELL'UNIONE MONETARIA

L'economia monetaria internazionale è, non per caso, una materia molto controversa. Si dà il caso, tuttavia, che queste controversie non si allineino lungo il consueto divario ideologico. La destra dura preferisce spesso la valuta forte - preferibilmente il gold standard - mentre i politici europei di sinistra sono stati fautori entusiasti dell'euro. Gli economisti liberal americani, me compreso, tendono a favorire le valute nazionali liberamente fluttuanti, che lasciano più spazio per manovre di politica economica - in particolare, il taglio dei tassi di interesse e l'aumento dell'offerta di moneta per combattere le recessioni. Eppure, l'argomento classico per i tassi di cambio flessibili è stato avanzato niente di meno che da Milton Friedman.

Il caso di una moneta transnazionale è, come abbiamo già visto, ovvio: rende più facile fare affari. Prima dell'introduzione dell'euro, è vero che nessuno poteva prevedere cosa in ultima analisi sarebbe successo: ci sono stati relativamente pochi esempi di paesi che utilizzavano valute di altre nazioni. Per quello che serve, l'analisi statistica suggeriva che l'adozione di una moneta comune aveva grandi effetti sul commercio, il che suggeriva a sua volta grandi benefici economici. Purtroppo, questa valutazione ottimistica non ha retto molto bene sin da quando l'euro è stato creato: le migliori stime indicano ora che il commercio tra le nazioni dell'euro è cresciuto solo di un 10 o 15 per cento in più di quello che sarebbe stato altrimenti. Non è poco, ma non è neppure determinante.

E' vero, ci sono ovvii benefici da una unione monetaria. Solo che c'è anche un aspetto negativo: rinunciando alla propria moneta, un paese rinuncia anche alla flessibilità economica.

Immaginiamo un paese che, come la Spagna di oggi, ha conosciuto di recente un rialzo dei salari e dei prezzi guidati da un boom immobiliare, che poi è fallito. Ora, è necessario che questi costi rientrino. Ma ottenere una discesa dei salari e dei prezzi è difficile: nessuno vuole essere il primo a beccarsi un taglio dello stipendio, soprattutto senza la certezza che anche i prezzi diminuiranno. Due anni di intensa sofferenza hanno portato giù in una certa misura i salari irlandesi, e la Spagna e la Grecia hanno appena iniziato il processo. E' un brutto affare, e come vedremo in seguito, il taglio dei salari quando si è inondati di debiti crea nuovi problemi.

Se il paese ha ancora una sua propria moneta, invece, non sarà costretto ad attraversare questo prolungato e penoso taglio dei salari: potrà svalutare la moneta - ridurne il valore nei termini delle altre monete - e avrà ottenuto un taglio dei salari di fatto.

I lavoratori rifiutano un taglio di fatto dei salari via svalutazione così come rifiutano i tagli espliciti nella loro busta paga? L'esperienza storica dice di no. Nella crisi attuale, in Irlanda ci sono voluti due anni di disoccupazione grave per conseguire una riduzione del 5 per cento del salario medio. Ma nel 1993 una svalutazione della moneta irlandese ha portato in un istante a una riduzione del 10 per cento dei salari irlandesi misurati in valuta tedesca.

Perché questa differenza? Già nel 1953, Milton Friedman ha proposto una analogia: l'ora legale. Le aziende hanno un sacco di problemi ad aprire più tardi, durante i mesi invernali, ed è difficile per ogni singola impresa modificare gli orari: se si opera dalle 10 alle 6 quando tutti gli altri lavorano dalle 9 alle 5, ci si pone fuori dal gioco. Stabilendo per legge di spostare tutti gli orologi indietro in autunno e in avanti in primavera, l'ora legale evita questo problema di coordinamento. Allo stesso modo, sostiene Friedman, riaggiustare il valore della valuta risolve il problema del coordinamento, quando i salari ei prezzi sono fuori linea, eludendo la riluttanza dei lavoratori ad essere i primi a sopportare tagli salariali.

Così, mentre si hanno dei benefici da una valuta comune, ci sono potenzialmente anche importanti vantaggi a mantenere la propria valuta. E i termini di questo trade-off dipendono dalle condizioni già indicate.

Da un lato, i benefici di una moneta comune dipendono da quanto business sarà generato.
D'altra parte, come ha sottolineato Friedman, realizzare un'unione monetaria significa sacrificare la flessibilità. Quanto è grave questa perdita? Dipende. Prendiamo in considerazione quello che all'inizio può sembrare uno strano confronto tra due piccole economie in difficoltà.

Clima, paesaggio e storia a parte, l'Irlanda e lo stato del Nevada hanno molto in comune. Entrambi sono piccole economie di alcuni milioni di persone fortemente dipendenti dalla vendita di beni e servizi ai loro vicini (i vicini del Nevada sono gli altri stati degli USA, dell'Irlanda le altre nazioni europee, ma le implicazioni economiche sono le stesse). Entrambi hanno vissuto dei boom economici per la maggior parte degli ultimi dieci anni. Entrambi hanno avuto enormi bolle immobiliari, esplose dolorosamente. Entrambi ora sono a circa il 14 per cento di disoccupazione. Ed entrambi sono membri di unioni monetarie più grandi: l'Irlanda fa parte della zona euro, il Nevada della zona del dollaro, altrimenti noto come Stati Uniti d'America.

Ma la situazione del Nevada è molto meno disperata dell' Irlanda.

Prima di tutto, la parte fiscale della crisi è meno grave in Nevada. E' vero che i bilanci sia in Irlanda che nel Nevada sono stati colpiti molto duramente dalla crisi. Ma gran parte della spesa del Nevada dipende da programmi federali, non statali. In particolare, i pensionati che si sono trasferiti in Nevada per il cima soleggiato non si devono preoccupare che i tagi fiscali dello Stato mettano in pericolo il loro sistema di sicurezza sociale o la loro copertura sanitaria. In Irlanda, invece, sia le pensioni e che la spesa sanitaria stanno sul pacchetto dei tagli.

Inoltre, il Nevada, a differenza dell' Irlanda, non deve preoccuparsi del costo dei salvataggi bancari, non perché lo Stato non abbia avuto grosse perdite sui crediti, ma perché quelle perdite, per la maggior parte, non sono problemi del Nevada. Quindì anche se il Nevada rappresenta una quota sproporzionata delle perdite subite da Fannie Mae e Freddie Mac, le società di prestiti ipotecari sponsorizzate dal governo - tuttavia queste perdite, come il Social Security e il Medicare, saranno coperte da Washington, non da Carson City.

E c'è un altro vantaggio ad essere uno Stato degli Stati Uniti: è probabile che il problema della disoccupazione del Nevada sarà notevolmente attenuato nel corso dei prossimi anni con l'emigrazione, in modo che se anche i posti di lavoro perduti non si ricreano, ci saranno meno lavoratori a caccia dei posti di lavoro rimasti. L'Irlanda, in qualche misura, può avvalersi della stessa valvola di sfogo, in quanto i cittadini irlandesi in cerca di lavoro vanno altrove e i lavoratori arrivati in Irlanda negli anni del boom se ne rivanno. Ma gli americani sono estremamente mobili, e se i modelli storici sono ancora validi, l'emigrazione riporterà il tasso di disoccupazione del Nevada in linea con la media degli Stati Uniti in pochi anni, anche se la crescita dell'occupazione in Nevada rimarrà al di sotto della crescita nazionale nel suo complesso.

Alla fine, quindi, anche se sia l'Irlanda che il Nevada sono stati casi particolarmente difficili all'interno delle rispettive zone valutarie, le prospettive del Nevada a medio termine sono molto migliori.

Che cosa ha a che fare questo con la questione a favore o contro l'euro? Beh, quando all'inizio è stata proposta la moneta unica europea, una domanda ovvia era se avrebbe funzionato così come il dollaro qui in America. E la risposta, chiaramente, era no - esattamente per le ragioni illustrate nel confronto Irlanda-Nevada. L'Europa non è fiscalmente integrata: i contribuenti tedeschi non fanno automaticamente parte del regime pensionistico greco o dei salvataggi bancari irlandesi. E mentre gli europei hanno il diritto legale di muoversi liberamente in cerca di lavoro, in pratica un'imperfetta integrazione culturale - soprattutto, la mancanza di una lingua comune - rende i lavoratori meno mobili geograficamente rispetto ai loro omologhi americani.

E ora si capisce il motivo per cui molti economisti americani (e alcuni inglesi) sono sempre stati scettici riguardo al progetto dell'euro. Economisti statunitensi hanno da tempo sottolineato l'importanza di alcuni requisiti preliminari per un'unione monetaria - il più famoso, Robert Mundell di Columbia ha sottolineato l'importanza della mobilità del lavoro, mentre Peter Kenen, mio collega a Princeton, ha sottolineato l'importanza dell'integrazione fiscale. L'America, si sa, ha una unione monetaria che funziona, e sappiamo perché funziona: perché coincide con una nazione - una nazione con un grande governo centrale, una lingua comune e una cultura condivisa. L'Europa non ha nessuna di queste cose, ciò che sin dal principio ha reso dubbia la prospettiva di una moneta unica.

Queste osservazioni non sono nuove: tutto quello che ho appena detto era ben noto sin dal 1992, quando col trattato di Maastricht si fece il progetto del'euro. Allora perché il progetto è andato avanti? Perché l'idea dell'euro aveva colpito la fantasia delle élites europee. Tranne che in Gran Bretagna, dove Gordon Brown convinse Tony Blair a non aderire, i leaders politici di tutta Europa erano coinvolti nel romantico progetto, a tal punto che chi esprimeva scetticismo era considerato fuori del mainstream.

Negli anni '90, persone che erano presenti mi dissero che lo staff della Commissione europea era inizialmente incaricato di elaborare rapporti sui costi e benefici di una moneta unica - ma che dopo che i loro superiori diedero uno sguardo ad alcuni lavori preliminari, tali istruzioni furono modificate: fu detto loro di elaborare relazioni solo sui vantaggi. Per essere onesti, quando a quel tempo raccontai questa storia ad alcuni alti funzionari, essi contestarono il fatto - ma qualsiasi sia la giusta versione, il fatto in sè che alcune persone abbiano fatto una simile affermazione cattura lo spirito del tempo.

L'euro, dunque, sarebbe andato avanti. E per un po', tutto sembrò procedere bene.

 seconda parte: Euforia/Erocrisi - 4 Scenari per l'Europa

2 commenti:

  1. complimenti e grazie per avermi dato la possibilità di far leggere a mio padre un ottimo articolo che la nostra stampa si sogna

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  2. Io traduco per me, e poi grazie al blog ho il piacere di poter condividere con gli altri..quindi grazie tante a te, l'apprezzamento è la linfa vitale che dà senso a questa condivisione che si fa nei blog!

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