24/12/10

Una strategia di sopravvivenza per l’ eurozona

Articolo di Nouriel Roubini – Dec 17, 2010

Roubini è
Presidente del Roubini Global Economics (www.roubini.com), professore di economia presso la Stern School of Business, New York University, e co-autore di "Crisis Economics".


Nouriel prospetta una strategia con eurobonds ma anche ristrutturazioni dei debiti sovrani - e fallimento delle banche insolventi! Inoltre propone una politica monetaria più "allentata" da parte della BCE per far scendere l'euro e rilanciare la competitività dei PIIGS....con buona pace della Germania...!

Buona lettura:

NEW YORK – Dopo la crisi greca e irlandese e la diffusione del contagio finanziario al Portogallo, alla Spagna, e forse anche all’Italia, la zona euro è ora in una grave crisi.
Si prospettano tre scenari possibili:
- “tirare a campare”, scenario basato sull’approccio attuale di “prestare e pregare che Dio ce la mandi buona”
- “il tracollo”, con ristrutturazioni disordinate del debito e possibile uscita dei membri più deboli;
- “maggiore integrazione”, che implica una qualche forma di unione fiscale.
Lo scenario del “tirare a campare” – con il finanziamento concesso agli Stati membri in difficoltà (subordinato al risanamento dei conti pubblici e a riforme strutturali), nella speranza che essi siano illiquidi ma solventi – poggia su un equilibrio instabile. Infatti, potrebbe portare dritti al secondo scenario del tracollo disordinato, se le riforme istituzionali e le altre politiche volte al risanamento nella periferia della zona euro non dessero risultati al più presto.
La crisi è iniziata a causa del troppo debito privato ad effetto leva, che si è poi trasformato in deficit e debito pubblico man mano che crisi e recessione innescavano un deterioramento del bilancio, e che le perdite del settore privato venivano per lo più socializzate attraverso i salvataggi degli istituti finanziari. Quindi, i debiti sovrani in difficoltà che avevano già perso l’accesso al mercato – Grecia e Irlanda – sono a loro volta stati salvati dal Fondo monetario internazionale e dall’Unione europea.

Ma nessuno salverà queste istituzioni “supersovrane”, se i sovrani si riveleranno insolventi. Pertanto, l’attuale strategia di rimandare all’infinito raggiungerà presto i suoi limiti, e sarà necessario un piano diverso per salvare l’eurozona.
In primo luogo ocorre una maggiore dotazione di risorse ufficiali, il che significa una quasi-unione fiscale. Le risorse ufficiali attualmente stanziate sono sufficienti per salvare la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo, ma non a impedire un tracollo dei debiti sovrani della Spagna e di altri membri dell’eurozona potenzialmente in difficoltà.
E anche se questi paesi stanno dando attuazione alle riforme fiscali e strutturali necessarie, un incremento delle risorse ufficiali sarebbe in ogni caso necessario. Perché gli investitori nervosi non vogliono rischiare di essere gli ultimi della fila nel caso di una corsa disordinata verso le uscite, cosa probabile quando le risorse ufficiali sono insufficienti.
Che si tratti di una piena unione fiscale – o di una sua variante nella forma degli eurobonds – questo aumento delle risorse ufficiali si potrebbe avere attraverso un EFSF (European Financial Stability Facility) più allargato, e un impegno molto maggiore da parte della Banca centrale europea nell’acquisto di obbligazioni a lungo termine e in operazioni di liquidità a sostegno delle banche. Dal momento che la quasi-unione fiscale implica che le economie principali della zona euro potrebbero finire sistematicamente a salvare quelle della periferia, solo una perdita formale della sovranità fiscale – con un impegno credibile da parte dei paesi periferici a medio e lungo termine per la disciplina di bilancio – potrebbe superare l’attuale resistenza politica della Germania e degli altri.
Ma anche una maggiore dotazione di risorse ufficiali non è sufficiente ad arginare i problemi di insolvenza della Grecia, dell’Irlanda, e, forse, del Portogallo e della Spagna. Così, una seconda serie di politiche e riforme istituzionali richiede che tutti i creditori non garantiti delle banche e di altre istituzioni finanziarie devono essere “trattati” – cioè, essi devono accettare delle perdite (o “tagli”) dei loro crediti. Questo è necessario per evitare che ancor più debito privato sia scaricato sul bilancio dei governi, provocando una crisi fiscale. Se questo “trattamento” ordinato dei creditori non garantiti richiede delle nuove regole che prevedano la chiusura delle banche europee insolventi, un tale regime deve essere attuato senza indugio.
Allo stesso modo, le istituzioni sovranazionali non possono continuare a tirare fuori dai guai gli stati sovrani in difficoltà, che sono insolventi anziché illiquidi. Così, oltre ad un regime di ristrutturazione ordinata per le banche, l’Europa deve anche attuare le prime ristrutturazioni ordinate dei debiti pubblici sovrani in dissesto. Attendere il 2013 per attuare queste ristrutturazioni, come propone il cancelliere tedesco Angela Merkel, distruggerebbe la fiducia, in quanto implicherebbe un taglio molto più forte sui residui crediti privati dei debitori sovrani.
Così, già nel 2011 dovrebbero verificarsi nel mercato ordinate ristrutturazioni attraverso offerte di scambio. Tali offerte di scambio possono limitare le perdite dei creditori privati se sono fatte in tempo. In questo modo, tagli formali sul valore nominale del debito possono essere evitati attraverso nuove obbligazioni che contengono solo una proroga della scadenza e un tetto ai tassi d’interesse al di sotto dei tassi di mercato insostenibili di oggi. Un’attesa sino al 2013 per le ristrutturazioni dei debiti insostenibili porterebbe solo a movimenti disordinati e a gravi tagli per alcuni creditori privati.
Infine, l’Europa ha bisogno di politiche che ripristinino la competitività e la crescita nella periferia della zona euro, dove il PIL o continua a contrarsi (Grecia, Spagna e Irlanda) o cresce appena (Italia e Portogallo). Senza crescita, sarà difficile stabilizzare i debiti pubblici e privati e il deficit in percentuale del PIL – il più importante indicatore di sostenibilità di bilancio. Inoltre, senza crescita, le rivendicazioni sociali e politiche contro la dolorosa stretta fiscale finiranno per minare l’austerità e le riforme.
Purtroppo, l’austerità fiscale e le riforme strutturali – almeno nel breve termine – sono portatrici di recessione e deflazione. Così, altre politiche sono necessarie per ripristinare la crescita. La BCE dovrebbe perseguire una politica monetaria molto più libera per una pronta ripresa, con un euro più debole che contribuisca a rafforzare la competitività della periferia. Inoltre, la Germania dovrebbe ritardare il suo consolidamento fiscale, e semmai, dovrebbe tagliare le tasse per un paio di anni per promuovere sia la propria crescita, sia- attraverso gli scambi – quella della periferia.
Nei prossimi mesi, sarà chiaro se i responsabili politici europei sono in grado di mediare e attuare le riforme che scongiurano la minaccia di un crollo della zona euro. O l’Unione europea si muove nella direzione di un equilibrio più stabile verso una maggiore integrazione, o il rischio di uno scenario instabile e di un crollo disordinato aumenteranno significativamente.
fonte originale:
http://www.roubini.com/roubini-monitor/260191/a_survival_strategy_for_the_eurozone

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